Leonardo da Vinci, In attesa dei vagabondi, rielaborazione grafica di m.c.

I vagabondi

Resta soltanto il silenzio delle sedie in disordine intorno alla tavola

il cibo lasciato a metà dentro i piatti

e un vivo calore di dita sul metallo delle posate.

Il bagliore bianco della tovaglia tra i calici rossi di vino

come gelidi fiori d’anemoni alle carezze del vento

attende che tornino gli ospiti verso quel sogno

più vasto e vano del consumarsi dei giorni.

Alle pareti gli specchi pieni di ombre

moltiplicano il vuoto lasciato dai vagabondi

che senza pace sono fuggiti in cerca di  fiumi tranquilli

e prati su cui adagiare la loro inquietudine.

Senza cedere il passo ai segni del tempo trascorso

ridevano allontanandosi.

Chi ha voltato le spalle chiuso in sé stesso

chi sottobraccio all’amata ha strappato le proprie radici

chi guardando il tenue orizzonte lontano

ha ripensato al monte scalato in silenzio

in solitaria fatica e al dolce tormento

della pioggia sul volto a bruciare le pupille e il fiato.

Resta soltanto la tavola pronta dell’ultima cena mai terminata

per raccogliervi intorno i vagabondi che mai cederanno al passato

il profumo dei fiori di campo carezzati dal vento.

Tornerò in quella stanza mi guarderò intorno. Vedrò negli specchi

il gelo che appanna le ombre, respirerò l’inebriante

profumo del vino e le inafferrabili distanze del tempo.

Siederò a quella tavola solo.

  1. giuliana scrive:

    Un sentimento di precarietà, di vacuità, più gelido del gelo che appanna le ombre sugli specchi, del vuoto che si sprigiona dall’immagine delle sedie scomposte, malgrado l’odore inebriante del vino, malgrado il candore della tovaglia.
    Forse la certezza del profumo dei fiori di campo a sorreggerli, i fiumi tranquilli e i monti ascesi smorzeranno la solitudine anche dell’unico commensale.

    Sempre profondo il sentimento, elegante e raffinato l’abito.

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