Carla Cerati Gianni Berengo, Morire di classe, 1969

Il dono

È questo il dono che ci offri

con le tue mani gonfie di dolore?

Nascere crescere morire.

 

Dimenticavo vivere

– l’involucro del tutto

tessuto di speranze e sogni

che noi strappiamo ad ogni istante

a volte a graffi e morsi

a volte a bocca umida e rossa

di baci o di pietà.

 

Contiene – lo sappiamo –

lucidi alcuni doni

oscuri e non graditi altri

che in ansia un po’ infantile spacchettiamo

finché troviamo quello che ci esplode dentro.

Ahi, non l’amore che desideriamo

né la felicità che si svapora

appena il vento dissipa il profumo.

Un dono che deflagra all’improvviso

prima di riuscire a dargli un nome.

 

È tutto qui il dono che ci offri?

  1. paola pdr scrive:

    La continua ricerca del senso che pare a volte intravedersi…tra i pacchetti a noi destinati.
    Che bellissima questa poesia che in cerca di risposte trova solo nuove domande.
    L’ansia infantile che spacchetta: che immagine divina.

  2. antonio sereno scrive:

    SUBLIME LIRICA SUL SENSO DELLA VITA CHE RESTA UN MISTERO. CERCO DI COMMENTARE A PARTE CON W. WHITMAN

  3. giuliana sanvitale scrive:

    Nel titolo è celata una promessa che l’autore disincantato subito riassume in tre verbi: nascere, crescere, morire. Presto ne aggiunge un quarto:vivere. Il più doloroso, dalla trama composta di fili di speranze e sogni che non resistono alla nostra furia di strapparli a morsi o trasformarli in baci. I doni che ci allietavano nell’infanzia, hanno perduto la loro magia, non ci offrono oggi ciò che desideriamo: amore e felicità. Basta un colpo di vento a dissipare il profumo di questo dono cui non riusciamo neppure a dare un nome.
    E’ davvero troppo piccolo il dono che ci viene offerto da quelle “mani gonfie di dolore”. (E’ sufficiente questo verso a scavarci dentro). Non basta a colmarci, non può rispondere al nostro ripetuto chiederci qual è il senso del nostro vivere.

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