Poesie delicate e soavi tratte dalla raccolta Let’s go
1
Troviamo talvolta le tue prede:
straziati uccelli o senza coda
attonite lucertole.
Allora nel (te)nero corpo
ardono gli occhi più gialli,
è tremula la coda
come nel sonno
se ti chiamo per nome.
2
Sei la sfinge delle sabbie di Giza
se il corpo distendi a noi vicino
muta a scrutare gesti, il suo e il mio,
i capelli, le ciglia; di noi due a chi
somiglierà la tua vita di umana
(ignara frenesia d’eternità)?
3
Sono i lampi e di più i tuoni
le cose che ti assillano di notte,
la grandine sui vetri.
Poi la fuga, la tua mania di fuga
da istinti – istanti incontenibili –
ai minimi anfratti della casa.
4
Dondoli nel corpo un cuore docile:
fai l’ignara se guizzi per le scale
e celi un pianto, un riso che a noi pare
di umana (voluta frenesia di ebrietà).
5
Hai chiamato, perché, con voce roca
come di bambina, noi più increduli
che mai ai tuoi due ultimi respiri,
per esserti vicini, così forse ho creduto,
o imparare a morire, noi disperati
al fioco ardore dei tuoi occhi gialli?
6
Sarà anche per loro un lascito inquieto
degli affetti, una pietà accorata
su come e quando accadrà
la morte per questi animali delle case
(come furono cari nella vita!)
o piuttosto un segno nero d’interpunzione,
un punto e basta?