Hotel, DigitalArt di Marcello Comitini

Hotel

Si spande e svanisce il grido del cuculo nella notte.
I suoi singhiozzi hanno invaso le camere a ore
dell’hotel che brilla
come l’arca di Noè in fondo alla strada
e il sonno di uomini distesi
sui letti cadaveri
che credono di far girare la terra.
Fuori dalle stanze le strade invase
da onde di ombre affannate
dove si nascondono?
Se il mare si avventa sui moli,
le strade si allagano e gli uomini
fuggono lungo i corridoi dell’hotel
non cercano il futuro incerto
che li ha spinti sin qui ma il calore del letto
della lampada delle tende che accecano le finestre.
Pregano impauriti:
“Signore salvaci dalla furia di questo mare”.
Ma l’acqua torbida sale
e invade le stanze scioglie i muri
come nebbia azzurrina in un bosco invernale.
Ora vedono al di là della grande vetrata
che s’innalza fra loro e la morte
la grande palude di acque ormai quiete.
I pesci ritornano ai loro nidi di alghe
si accalcano e aprono
il loro sciame di occhi.
Gli uomini dimentichi della loro preghiera
si chiudono ciascuno nella propria stanza.
Lungo i corridoi dell’hotel rotolano
i singhiozzi del cuculo
come rubini dalla bocca profonda
di una cavità marina.
Anche l’hotel è riemerso dalle viscere del mare.
i letti cadaveri stesi al sole.

  1. paola della rossa scrive:

    Forse il cuculo che apre questa poesia non è stato nominato a caso, infatti è noto per la sua peculiare caratteristica del parassitismo di cova.
    E dove gorgheggia? In un albergo a ore dove si “consuma” una certa vitalità non concessa dal mare dei sentimenti quindi fuori dai “contenitori” deputati a questo.
    La vita può nascere da questi giacigli? No, non è fattibile…sono letti cadaveri.
    O sono cadaveri gia’ quelli che giacciono in quei letti?
    Sapessi quante domande mi vengono alla mente… ci starebbe una intervista!

  2. giuliana scrive:

    Un grido, una denuncia, una preghiera.
    Il tempo di allungare il respiro e la “giostra”
    ricomincia.

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