Salvatore Fiume, Pomeriggio con il toro,1958

La lama del tempo

La casa di campagna dalle mille finestre spalancate

come occhi misteriosi sulla mia memoria

scintilla nell’alba d’una fredda primavera tra le colline e il mare.

Le stanze vuote si riempiono nella notte

dei muggiti dei tori da macello

che salgono dal buio delle stalle come i lamenti di ciclopi ciechi.

Con i martelli sordi degli zoccoli battono contro le mie tempie

calpestano il sonno che custodisce i volti amati e delle sconosciute

che m’incrociano giorno dopo giorno con i loro sguardi.

Lungo il cortile sfilano angosciati

raschiano il selciato con il ferro rugginoso dei ricordi

e nello sguardo che trema di paura una lacrima brilla

consapevole che nulla di me e di loro andrà perduto.

Sanguinando vedo con gli occhi misteriosi della casa

seppellire i morti nell’autunno e senza sosta scendere la pioggia

sulle ombre della mia memoria.

Dall’ultimo angolo al sole del cortile

colgo di soppiatto qualche fiore

lo depongo in silenzio sul selciato

fuggo come un colpevole dalla casa deserta.

Una macchia passa lontana dai miei occhi

come una nuvola senza carne né sangue

che disegna il pallore della mia fanciullezza.

Varco la soglia degli innumerevoli casali

comparsi nel tempo come bocche colorate

per tutta la campagna.

Nell’ostile tremore della mia memoria

ritrovo l’angolo assolato del cortile

non i fiori deposti sul selciato

né i visi seppelliti all’ombra della quercia

credendo di sottrarli alla lama del tempo.

  1. paola pdr scrive:

    La realtà che tratteniamo è soprattutto quel passato assolato in quel cortile, “perla” di una memoria molto molto selettiva.

Replica a paola pdr