Dipinto di Emil Nolde (1867-1956)

La notte ebra

La notte lacerata dai bagliori dei fanali

striscia sulla città si alza alta

avanza silenziosa zoppicando

con il mio stesso passo.

Vicino a ogni lampione,

tenta di scaldare alla luce fredda

le sue mani umide e il suo viso di pianto.

Con il cuore ferito da quell’indifferenza

scioglie nella luce il suo splendore oscuro.

 

Io non posso lasciare che se ne vada sola

cacciata lungo i viali dal brusio dei lampioni.

Insieme abbandoniamo la città deserta

sotto lo sguardo terreo delle finestre spente.

 

Stendiamo i nostri corpi come due coperte

sopra campi soffici arati e profumati.

Ho gli occhi spalancati sul suo volto

che trattengo tra le mani

e sul sorriso immenso che rivolge all’universo.

Sotto un cielo chiaro di nuvole bianche

lei chiama le sue stelle e la bella luna

io verso nei bicchieri il vino dei ricordi.

 

Cantiamo forte in coro come gli ubriachi.

 

La vita – penso allora – non è forse

l’incanto ebro di una notte che sogna l’infinito?

  1. giuliana scrive:

    Decisamente splendida.

  2. Alessandra Bianchi scrive:

    Molto bello!
    Buona serata :-)

  3. La notte, con i suoi mille dolori, con la vita consumata in inutili speranze, la notte di una grande città dove chi soffre è invisibile e forse riesce a vivere solo nel buio della notte. Versi molto belli e che fanno riflettere. Come sempre è
    una gioia leggerti. Grazie Marcello <3

  4. paola scrive:

    La vita è qualche cosa a cui si vorrebbe dare sicuramente il tocco di incanto ma che spesso richiede un toccare con mano il quotidiano che, anche se non immenso come un cielo di notte, ci cattura e ci mette in moto a vario titolo, continuamente. Però concordo con te, un calice buono, una visione stellata e una buona compagnia, creano un programma da vivere niente male, almeno per cinque minuti…..

Replica a giuliana