Marcello Comitini, L'albero-dio, digitalArt

L’albero-dio (Ita – Fr – Eng – Esp)

Dio che spalanchi cento braccia e t’innalzi
sul misero giardino cinto di muro rovente
dal sole inargentato dalla luna,
cosa vedono le tue pupille
che a mille occhieggiano verdi nelle case sovrastate
e ti sovrastano immobili e orgogliose di tendere al cielo?
Uomini che non ti vedono
uomini che si affannano a mettere ordine
a sentimenti  scadenze  priorità, trovano
la tua presenza un ingombrante peso.
Giungono ai tuoi piedi, ignorano il tuo potere
rigenerante – non lo liberi di notte quando dormono? –
Credono tu sia cieco. Non sanno da chi viene la vita
confondono la pioggia con la morte.
Distesi ai tuoi piedi per riposare
narrano storie di uccisioni e stupri
che i loro avi hanno commesso giusto ai tuoi piedi.
Bevono e si lamentano delle loro donne. Altre
ne amerebbero perché la linfa scorre
come nelle tue vene, rossa e bollente. Ma sanno amare?
Chiedono le tue foglie che il vento scompiglia con le carezze.
Sanno desiderare possedere e distruggere a volte
quel che non posseggono. E tu lasci cadere su loro
le foglie sino a coprire con pietà i corpi immaturi
che si sciolgano nella terra e l’abbraccio amorevole
delle tue radici.

L’arbre dieu

Dieu que tu ouvres cent bras et que tu t’élèves
du misérable jardin entouré du mur chauffant
par le soleil, argenté par la lune,
ce que voient vos pupilles
que mille lorgnent verts dans les maisons domnées
et vous dominent-ils, immobiles et fiers de s’élever vers le ciel ?
Hommes qui ne te voient pas
hommes qui se bousculent pour mettre de l’ordre
aux sentiments aux échéances aux priorités, ils trouvent
votre présence un poids encombrant.
Ils viennent à tes pieds, ils ignorent ton pouvoir
régénérant – ne le relâchez-vous pas la nuit quand ils dorment ? -
Ils croient que vous êtes aveugle. Ils ne savent pas de qui vient la vie
ils confondent la pluie avec la mort.
Allongés à vos pieds pour reposer
ils racontent des histoires de meurtre et de viol
que leurs ancêtres ont fait juste à vos pieds.
Ils boivent et se plaignent de leurs femmes. autres
ils les adoreraient car la sève coule
comme dans vos veines, rouge et brûlante. Mais savent-ils aimer ?
Ils demandent tes feuilles que le vent ébouriffe de caresses.
Ils savent desirer posséder et détruire parfois
ce qu’ils ne possèdent pas. Et vous laissez tomber sur eux
les feuilles jusqu’à couvrir de pitié les corps immatures
qui se fondent dans la terre dans une étreinte amoureuse
de tes racines.

The tree-god

God you open a hundred arms and lift yourself up
of the miserable garden surrounded by the wall heated
by the sun, silvered by the moon,
what your pupils see
that a thousand are eyeing green in the dominated houses
and do they dominate you, still and proud to rise to the sky?
Men who don’t see you
men jostling to tidy up
to feelings to deadlines to priorities, they find
your presence a bulky weight.
They come to your feet, they ignore your power
regenerating – don’t you release it at night when they are asleep? -
They believe you are blind. They don’t know where life comes from
they confuse rain with death.
Lay down at your feet to rest
they tell stories of murder and rape
that their ancestors made right at your feet.
They drink and complain about their wives. others
they would love them because the sap is flowing
like in your veins, red and hot. But do they know how to love?
They ask for your leaves that the wind ruffles with caresses.
They know how to desire to possess and sometimes to destroy
what they don’t have. And you drop on them
leaves until they cover immature bodies with pity
that merge into the earth in a loving embrace
of your roots.

El árbol-dios

Dios, abres cien brazos y te levantas
del miserable jardín rodeado por el muro calentado
por el sol, plateado por la luna,
lo que ven tus pupillas
que mil están mirando verde en las casas dominadas
y te dominan, quietos y orgullosos de subir al cielo?
Hombres que no te ven
hombres empujándose para ordenar
a los sentimientos a los plazos a las prioridades, encuentran
tu presencia un peso abultado.
Vienen a tus pies, ignoran tu poder
regenerando – ¿no lo sueltas por la noche cuando están dormidos? -
Creen que eres ciego. No saben de donde viene la vida
confunden la lluvia con la muerte.
Acuéstate a tus pies para descansar
cuentan historias de asesinatos y violaciones
que sus antepasados hicieron a tus pies.
Beben y se quejan de sus esposas. Otras
las amarían porque la savia está fluyendo
como en tus venas, rojo y caliente. ¿Pero saben amar?
Piden tus hojas que el viento revuelve con caricias.
Saben desear poseer y a veces destruir
lo que no tienen. Y dejas caer sobre ellos
hojas hasta cubrir cuerpos inmaduros de piedad
que se funden en la tierra en un abrazo amoroso
de tus raíces.

  1. Paola Della Rossa scrive:

    L’uomo sta nella mano di Dio, lui ha mani grandi, mentre i suoi occhi vedono ovunque.
    Ma quello che più colpisce di lui è quell’apparente distacco, quell’essere presente senza voler forzare quel piccolo uomo, che dopo tante lotte, fatiche e sogni d’ogni genere, alla fine s’accorge che manca qualche cosa di importante, qualche cosa che ridia senso alle cose che gli rubano pensieri e tempo, manca il collegamento con un bisogno scritto in lui ed in ognuno di noi, di essere accolti, accettati, compresi, perdonati…
    E cosi’ sarà. Siamo piccoli, stiamo nella sua mano tutti quanti.
    Questa certezza l’ho da sempre. La sua grandezza non ha limiti. Chi e’ grande, sa dei piccoli e lascia che ci perdiamo, tanto, verso sera, torniamo a lui per forza.
    Non possiamo fargli interviste, per trovarlo dobbiamo fare esperienza delle cose che ci rendono umanamente migliori.
    ciao Marcello, grazie di questa poesia piaciutissima.

    • Mi ha sorpreso e mi è piaciuto il tuo sottolineare l’apparente distacco divino.Apparente è vero. L’albero-dio attende con pazienza che noi completiamo il cammino assegnatoci, tra sbagli e incertezze e a volte cattiverie verso l’albero e noi stessi. Ma la terra in cui poggiano i piedi e da cui trae linfa l’albero, è lì che ci attende con le radici spalancate come braccia. Saremo noi con i nostri corpi a dare linfa all’albero.

  2. giuliana scrive:

    Bella l’immagine di Dio che, come un gigantesco albero, allarga le sue braccia ad accogliere l’umanità indifferente e cieca, incapace di amare.
    Pretendono, possiedono, distruggono, ma la generosità divina li copre con le sue foglie, li accoglie nella terra fra le sue radici, perché, in un ritorno alle origini, si sciolgano nel suo “abbraccio amorevole”.
    Come sempre, non possiamo che ringraziarti, caro Poeta.

    • Sono io che ti ringrazio, Giuliana, d’avermi dedicato ancora una volta la tua sensibilità di poetessa, leggendo questi versi. Non so se mi sono rivolto a Dio, ma certamente alla natura divina che l’albero ha in sé. Le sue dimensioni sovrastano l’uomo e gli presentano il loro valore simbolico. L’uomo lo distrugge con il fuoco e con il ferro, ma non può are a meno di riconoscerne l’essenza divina. E come tu hai evidenziato, è proprio questa essenza che ha ispirato i miei versi, assimilando la misericordia divina alle braccia aperte dell’albero e all’accoglienza delle sue radici.

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