Silvia Caimi, Il salto, 2010

Venezia

Vorrei che fosse nero quell’azzurro del cielo

e le nuvole bianche uno scintillio di stelle

gli alberi avvolti in un velo di nebbia

come donne celate dalla fede per l’uomo.

Vorrei che il mare fosse dentro le strade

a bagnare i palazzi e dagli androni  uscissero

cariche di luci gondole silenziose,

che gli uomini viaggiassero lenti sulle acque

accese di smeraldo ai bagliori delle lampade

e sulla grande piazza sentissero il profumo

della solitudine.

Vorrei che tu accanto ponessi la tua ombra

come un angelo uscito da grotte sommerse

e mi offrissi il tuo viso di donna svelata

in quest’alba in cui il mondo

è una Venezia languida

e le colombe volano su un mare inesistente.

  1. giuliana sanvitale scrive:

    La trovo splendida. C’è tanto languore, tanta pittura, una musica sottesa che accompagna queste ore veneziane. Un desiderio di osmosi con la città, un liquefarsi di acque e di persone, “i viaggiatori lenti e le gondole silenti” E l’attesa dell’angelo si configura con l’ombra di un corpo e un viso velato di donna, magnifica metafora di una città da sempre magica.
    Giuliana

  2. tinamannelli scrive:

    Che bella! Stupenda dedica ad una città che
    sa di antico e di magico. Sei riuscito a farne un quadro speciale con il mare che entra nelle strade e con le gondole che escono dagli androni.
    Venezia con la sua diversa bellezza. Magnifica visione.

  3. paola pdr scrive:

    Vorrei un cielo di quelli che non lasciano indifferenti, confrontarmi con la solitudine dei tanti, una solitudine che sia musa-ispiratrice, che faccia uscire dai nascondigli. Vorrei ancora sorprendermi, vorrei cancellare il languore di un presente addomesticato.

  4. Dony scrive:

    Un autentico splendore questa poesia, un gioiello che ad ogni rilettura mi dona l’emozione viva e struggente di un luogo magico.

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