Senza titolo

Fuori dal tempo

Sfuggendo agli artigli del tempo
ho ripreso a fumare
come un ragazzo di quattordici anni
cresciuto nel silenzio di mille bocche.
La testa gli gira intorno a un mondo
che deve ancora scoprire
in cui si odono i rintocchi di mille campane
e oscuri nomi pronunciati dal vento
tra le foglie morte di innumerevoli autunni.
Un mondo di dolore e rinunce
che attende
e inganna chi crede
che la vita abbia un senso.
Che senso?

È inutile chiederlo.

Lo assale un’angoscia terribile
un presentimento di vita
non vissuta da decorare
con rossi sorrisi.
Ma come sorridere se già
nei suoi brevi anni
conosce la povertà dei giorni
e tutto ciò che ucciderà l’amore.

In silenzio ho ripreso a fumare.

Fuori dal tempo umano
nuvole azzurre e lampi meravigliosi
d’ingannevole ebbrezza

  1. tachimio scrive:

    Questo” sfuggire agli artigli del tempo ” è un’ immagine che denota un malessere sottinteso. Un cercare a ritroso forse quello che si è perso lungo la via. Ma la delusione è poi dietro l’ angolo quando ci si rende conto che in fondo nulla cambia, anzi le domande restano comunque, mentre i ricordi si fanno più vivi e tornano ” oscuri nomi pronunciati dal vento tra le foglie morte d’ innumerevoli autunni”. Eppure la vita caro Marcello un senso lo deve pure avere, altrimenti rimane solo l’ angoscia a rendere i nostri giorni insopportabili. Ciò non deve essere mio caro. La chiusa mi fa poi molto pensare al Leopardi. Complimenti caro Marcello. Sei sempre bravissimo. Isabella

  2. paola della rossa scrive:

    Il commensale che siede a tavola, non sempre ha a disposizione il menu che vorrebbe trovare, per soddisfare il proprio desiderio di pienezza e piacevolezza dei momenti e dei giorni.
    Ma ha un sentire interiore che gli ricorda quando quei momenti li sente vicini, o gli sfuggono o vi è stata una speranza.
    La vita è molto questo: attesa e speranza.
    Ogni tanto attesa e speranza fanno festa, la vita “concede”. Ma, guai a coloro che girano con l’ancora “a mano” per fissare dimora.
    Il divenire brucia spesso i nostri stessi desideri, che da motore iniziale si trasformano in palle al piede.
    Come possiamo pensare che la vita ci tradisce, quando siamo noi i primi a stancarci di tutto e riduciamo tutto ai minimi termini?
    L’unica cosa che non riduciamo in tal modo sono i nostri appetiti, che continuano a chiedere cibo, sempre nuovo, sempre diverso, perchè non siamo uomini veramente, siamo stomaci e basta.
    Si potrebbe migliorare? Forse… sto cercando anche io di addomesticare il mio stomaco…che mi pare non mi prenda troppo in considerazione.

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