La vita ci somiglia
Aprendo gli occhi nel grigio di quest’alba
che ha invaso nebulosa la finestra e le strade
maledici il tempo d’insistente pioggia.
A breve porterai i tuoi cani a spasso
entro il cerchio che conduce senza fine
nell’inganno di vagare nei campi
liberi dal guinzaglio e invece li trattieni
a te vicini con lo sguardo inquieto.
Un sibilo di auto attraverso il silenzio
scuote e solleva la cenere di luce
e il guaire lontano, ne riconosci il bianco
chiazzato di marrone,
piccola taglia con la coda mozza
per una presa salda nel tirarlo fuori
dai sogni delle tane dove in sonno
penetra con brevi lamenti e galoppi di gambe
disteso sul cuscino suo riparo e conforto.
Sporgo la testa nell’opacità della finestra
guardo nella nebbia che pullula confusa
di cani e di padroni con il braccio teso
nel gesto di un dono.
Non piove più, mi dico ma il sole
rimane nascosto nella cenere e rido
con amarezza rido e ti sussurro piano
Nessuno mai si muove, nessuno esce dalle righe
delle solite strade o dei giardini
e più s’accorge di avere
carità per se stessi e gli animali
che per coloro che gli anni
gli incurvano le spalle
o si scaldano al sole in logore giacchette
muoiono o scompaiono più semplicemente.
Nessuna meraviglia
se speri sempre che il bel cielo ti aiuti
se in quest’alba piovosa sfuggo alle tue mani
e passa inosservata la mia fuga dal tuo sguardo distratto.
Nessuna meraviglia
che la vita ti somigli a un capriccio e a un guinzaglio.
Ancora una complessa e profonda poesia ed ancora io ad “aprire le danze”. Hai voluto donarci, caro Poeta, una poesia che si apre con levità su un quadretto di perfetta sintonia tra il cane e il suo padrone, entrambi in attesa del tempo propizio, entrambi con gli occhi colmi di corse nel verde, di libertà lontano dai pericoli della strada.
Ma ecco che tiri il guinzaglio e ci inviti a riflettere sulla nostra indifferenza verso il dolore e le miserie che ci circondano. Quelle spalle curve, le giacchette logore, il bisogno disperato di sole la dicono lunga . E il tuo invito, che ha il sapore di amaro riso, diventa quasi urlo, di protesta, di dolore e disperazione in quel “nessuna meraviglia”. Un perfetto “je accuse”
Caro Marcello, mi sembra che il protagonista, al quale mi sento vicino, sia in rotta con la natura e con l’uomo e qui la mia sintonia è completa mentre condivido la tua protesta per l’indifferenza e la malvagità MA… PERCHE’ LA VITA CI SOMIGLIA??? Avrei detto LA VITA OGGI e scusami per l’invasione.
“Passeggiate” vissute in modo meccanicistico, senza volontà di trovare percorsi alternativi. Percorsi del quotidiano che si ripetono sempre uguali a se stessi creando un indolenzimento emotivo che non è più in grado di riconoscere quello che conta veramente.